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STUCCHI MANUEL
ARTISTA VINCITORE DEL 1° PREMIO ARTE FIERA DOLOMITI 2016

GALLERIA WEB ART - WEBARTMOSTRE
Barchessa Villa Quaglia

Viale XXIV Maggio, 11 - Treviso tel 0422 430584 www.webartmostre.it - www.galleriawebart.com

 

Siamo lieti di invitare la S.V. alla vernice della mostra, Sabato 1 aprile alle ore 17,30. Intervento di Franco Fonzo e presentazione a cura della Prof.ssa Serenella Minto.


1 - 13 aprile 2017

Orari mostra: 15,30 - 19,00
Chiuso Domenica

invito

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Manuel Stucchi nasce l'8 Dicembre 1986 a Bergamo.
Inizia a dedicarsi all'arte quasi per caso, all'età di 24 anni: il senso di libertà che gli provoca il vivere in uno spazio proprio lo spinge a modificare tale spazio per renderlo sempre più vicino e somigliante al suo modo di essere. Ecco che allora parte da ciò che ognuno di noi, e ancor di più un ragazzo che esce dalla casa dei genitori per andare a vivere da solo, ritiene un bene imprescindibile e intimo: casa propria.
Inizia quindi a creare delle tele con lo scopo di arredare l'ambiente: inizialmente prova, sperimenta, si muove per tentativi. Man mano che passa il tempo tuttavia questo stimolo, legato ad un bisogno quasi materiale, diventa un modo per esprimersi ed esprimere ciò che prova. Un modo per farsi sentire, un modo per portare fuori tutto quello che un ragazzo può avere dentro di sé.
Il nome d'arte Van Stock è una conseguenza naturale di questo percorso.
Ci sono alcuni pittori a cui l'artista si ispira in modo particolare: sicuramente Pollock, da cui deriva la tecnica del dripping che l'artista utilizzava soprattutto per le sue prime opere. Dripping significa gocciolare e il colore, in questo caso acrilico, gocciola sulla tela lasciando segni che quasi casualmente si depositano su di essa.
In realtà ogni opera è già nella sua mente. Si tratta solo di renderla reale.
Altro artista di riferimento, e da cui ha tratto ispirazione per il nome, è Van Gogh: irrequieto, tumultuoso, dalla vita complicata e difficile; a cui alcune opere di Van Stock si possono accostare proprio per questo senso di agitazione.
Infine, il giovane pittore si ispira ad un altrettanto giovane artista: Cano. Il mescolamento di colori e sfumature sulla tela crea quel caos che definisce arte marcia.
Nel 2016 ha partecipato per la prima volta, in collaborazione con Galleria Ducale (BG), all’11° edizione di Arte in Fiera Dolomiti, vincendo il Primo Premio.

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Guardando gli altri ho imparato a restare in volo
Non darmi consigli
So come sbagliare da solo

L’arte di Van Stock comincia quasi per caso, con la voglia di sfogare e incanalare positivamente tutta l’energia e la rabbia che l’artista si sente dentro. Senza aver fatto particolari studi accademici, le prime opere nascono in questo modo, mancanti di un’apparente ricerca metodologica, ma con una grande impulsività.
All’epoca Van Stock è ancora Manuel Stucchi, un ragazzo di 24 anni che con l’arte ha sempre avuto un rapporto marginale, come un pensiero fisso ma latente, non ancora maturato.
La (giusta) inesperienza e un’indiscussa capacità innata portano naturalmente il percorso del giovane artista a un’evoluzione, un cambiamento continuo: Van Stock non ha limiti, non ha indicazioni, tutto ciò che crea è frutto della sua mente e della sua mano. Le sue prime opere rispecchiano questa immaturità artistica, che se da una parte può essere discriminante, dall’altra è certamente un grande vantaggio. Ha qualche artista di riferimento, non solo nell’ambito pittorico ma anche musicale: la musica, infatti, è parte integrante del suo atto creativo, come lasciano intendere anche i titoli che sceglie per le sue opere.
Dalle prime opere, un richiamo velato al dripping di Pollock, il materiale rimane lo stesso, ma cambia il modo di utilizzarlo sulla tela. Se prima erano schizzi, più o meno casuali, a poco a poco la casualità lascia il posto a una disordinata precisione. Il cambiamento nella lavorazione delle tele c’è, ma si legge soprattutto un filo continuo che accomuna la sua produzione fino a oggi: la tela, bianca, pura e vergine riceve i colori con violenza, lo smalto apparentemente disposto casualmente riempie lo sfondo con colori accesi, mentre qualche dettaglio si delinea e si definisce in mezzo al caos del colore.
Un cielo rosso e purpureo diviso al centro da un fascio di luce bianca, una città dell’aria vagamente familiare immersa in fiamme roventi, una sfera che sembra inglobare lo spazio circostante. Questi sono i quadri di Van Stock, è questa la sensazione che si prova ammirandoli: si è spaesati, disorientati, senza un punto di riferimento finché ecco apparire quasi all’improvviso un dettaglio, un bambino, una figura che cammina, una chiesa, un ponte. E allora tutto torna a definirsi, i colori riprendono ordine, tutto riacquista un senso. Non è la delicatezza che spinge l’artista ma la violenza, il nervo, che dalla mente si dirama negli arti e fa muovere il corpo attorno alla tela distesa a terra da cui, man mano, il bianco sparisce e lascia spazio a un’esplosione di colori.
Il bianco: ecco il colore davvero predominante, quello che rappresenta l’essenza della tela ma che non basta a Van Stock, che stende sempre come base iniziale una passata di smalto bianco sulla tela, come a purificarla prima di colpirla, come una luce che illumina.
Van Stock è riuscito, con la sua bravura e con la passione, a trasformare la sua arte marcia in splendide esplosioni di colore.
Daniela Monzani


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