Rubrica a cura di Marilisa Brocca


INTERVISTA CON ANTONIO FAVALE
A cura di Marilisa Brocca

 

Nulla nasce per caso con Antonio Favale, e lo dimostrano i suoi quadri: un concentrato di scelte, di sperimentazione, di lavoro, di senso critico e di ricerca.
Le sue opere riflettono la conoscenza delle tecniche e delle relative possibilità pittoriche, mentre la scelta dei colori e della luce rivela fiducia ed energia.
Ogni idea, ogni progetto diventa per lui un nuovo orizzonte. Sorprendentemente intenso il desiderio di esplorare nuove tematiche da proporre e approfondire, un mezzo per mettersi in gioco, forte del bagaglio di conoscenza ed esperienza acquisito nel tempo.

Buongiorno Antonio, ho visitato il tuo sito www.antoniofavale.it e devo dire che mi ha particolarmente colpito la scelta grafica iniziale a fronte delle tue opere.
Entrando nelle pagine ho avuto l'idea di entrare nel tuo mondo attraverso piccoli cassetti di una scrivania "vissuta".
In realtà ciò che contengono non sono piccole miniature bensì opere che noto essere di interessante dimensione, dove i colori sono dominanti ed i soggetti: i paesaggi, le vele, risaltano come perle e gli animali, così come le veneri, escono dal disegno come dal cilindro di un “mago".

Un'immagine forse un po' fantasiosa ma istintiva. E d'istinto ti chiedo... di quale Antonio Favale vogliamo iniziare a parlare?

D'istinto, così leggendo la tua mail, parliamo di Antonio pittore. Pittore che dipinge, che usa i colori per colorare immagini in bianco e nero, senza colore. Immagini, pensieri, flash di memoria talvolta supportati da tagli fotografici che vengono visti, fatti, disfatti e rivisti con cromie istintive, così come il soggetto vuole in quel momento.


Diplomato in scenografia, le tue opere sono come collocate nello spazio di un palcoscenico. I soggetti protagonisti sono esposti allo sguardo sotto un fascio di luce.
Com'è stata l'esperienza di questa scuola? Quanto ha inciso sul tuo modo di vedere le cose.

Il liceo artistico prima e l'accademia di belle arti poi, di certo hanno influenzato il mio modo di "osservare il mondo".
Agli inizi l'impostazione tecnica, geometrica, i tagli fotografici e le realizzazioni simmetriche caratterizzavano di più le mie opere.
Nel corso degli anni la gestualità ha preso il "potere" sulla composizione, che rimane pur sempre costruita, cercando di creare il giusto equilibrio tra dinamismo e staticità.
Le opere prima racchiuse in uno spazio ben definito ora debordano, vanno oltre, quasi ad indicare che il soggetto inquadrato continui al di la della stessa cornice.


E' proprio questo passaggio che mi ha colpito visitando il tuo sito, dalla geometria dei disegni e la grafica di apertura e di presentazione, alla piacevole contrapposizione di un artista vibrante nella scelta dei colori e nelle scelte compositive.

Molte volte la comunicazione tra l'artista e il mondo avviene esclusivamente attraverso le opere. Non è sempre facile spiegare con le parole sogni, emozioni, disagi....
Nella tua quotidianità invece la comunicazione e l'arte sono presenti contemporaneamente a 360 gradi. So che insegni in una scuola. Che tipo di professore sei. Riesci ad interessare, a coinvolgere i tuoi allievi e come spieghi loro la libertà dell'esprimersi con l’arte.

Non so a quanti effettivamente interessi pienamente il pensiero dell'artista. Generalmente ci si pone di fronte ad un'opera d'arte per curiosità, perchè l'opera piace e poi con interesse. Ad ognuno è data la possibilità di interpretare, secondo i propri filtri culturali e talvolta lo spettatore rimane sulle sue posizioni, quelle che ad un primo impatto hanno determinato la scelta e la convinzione nel saper cogliere il messaggio dell'artista.
Per esprimersi liberamente in arte, io ritengo, occorre conoscere a fondo gli strumenti di lavoro. Nei primi due anni, di scuola media, sono un insegnante prevalentemente tecnico (che palle), nel senso che do ai ragazzi la opportunità di studiare svariate tecniche e le loro possibilità d'uso. Al terzo anno si rielaborano le conoscenze, e naturalmente ci si diverte di più (evviva). E' ovvio che lo studio della storia dell'arte, dalla preistoria fino ad Antonio Favale, è fondamentale.
Solo col sapere e saper fare si può avere la possibilità di esprimersi liberamente, e non solo in arte.


Condivido la necessità di sapere e del saper fare.
Spero invece che esista sempre una parte, seppur piccola, di curiosità che porti il visitatore a voler conoscere l'antefatto dell'opera. Partendo dall'idea, alla scelta del soggetto, e così via.... Lo trovo utile anche all'artista, per capire se ciò che ha voluto esprimere, oltre che percepirlo personalmente è arrivato alle persone. Ogni volta che un'artista espone le proprie opere relazionandosi con la gente è come prendesse la parola.
Quindi... a proposito dei tuoi quadri: gli animali
senza museruola e le veneri, ad esempio, sembrano aver parecchio da raccontare...

Senza Museruola, le Veneri ma anche le Regate e i Libri hanno tanto da raccontare. Narrano soprattutto di libertà, che non è solo gestuale, cromatica o tematica.
Libertà di più ampio respiro che passa, per le vele, libere di navigare gonfie di vento senza timoniere, per gli animali, senza museruole o guinzagli, per le Veneri, donne libere di essere grasse o magre, portatrici di fortune e prosperità, palese o nascosta, per i Libri, liberi di essere letti, scritti o interpretati.
Resta comunque, il fatto che lo spettatore è anch'esso libero di vedere ciò che vuole vedere, condizionato dal suo stato, culturale, interiore e del momento.


Ti confermo, da visitatore, che nei tuoi quadri, c'è quella libertà, quel moto d'intraprendenza, soprattutto nelle Veneri: nude, spogliate dalle vesti ma non dalla consapevolezza di essere donne, così come nei libri: immaginati tra quattro pareti ma che non danno il senso di confine, anzi.

Per chi dipinge, guardando i quadri di altri artisti è inevitabile che l'attenzione si soffermi molto sulla capacità tecnica e sulla particolare riuscita pittorica. C'è tra gli artisti contemporanei un personaggio con il quale ti vorresti confrontare e scambiare esperienze, dal quale senti potresti imparare molto e perchè.


Mario Schifano è stato tra i pittori contemporanei il maestro che a me suscitava emozioni. Ho seguito con interesse la sua produzione, era un vulcano di idee e capacità tecnica.
L'ultimo maestro dell'arte figurativa che aveva la capacità e la forza di rinnovarsi, di non copiare se stesso, di proporre nuove tematiche, di essere libero, ambientalista, animalista e dipingere con un tratto decisamente personale, riconoscibile. Ecco, per me l'artista è tale quando lo si riconosce a prescindere dalla firma, quando esaurito un tema ha la forza di affrontarne un altro, quando ha il coraggio di esporsi e poi mettersi a confronto e, non ultimo, quando ha capacità e anche l'innovazione tecnica. Mario Schifano era tutto questo.


A proposito di innovazione, parliamo della 53° edizione della Biennale di Venezia. A fianco di artisti provenienti da tutto il mondo, il padiglione Italia ospita una mostra con opere realizzate in omaggio a Filippo Tommaso Marinetti e al movimento futurista.
In un evento internazionale di questa importanza si percepisce una sperimentazione dell’arte estrema che spesso spiazza e confonde anche l’artista e l’appassionato più flessibile. Cosa ne pensi.

Il discorso è lungo e complesso e non vorrei correre il rischio di banalizzarlo.
Ci provo.
Non ci sono, non vedo e non sento al momento, a mio avviso, nel mondo dell'arte, grandi nomi emergenti. E questo per una serie di motivi.
Uno è la voracità con cui i media ti fanno passare dalla polvere alle stelle e viceversa. Si può essere vetrinisti un giorno a grandi artisti il giorno dopo. Poi, la sperimentazione, anche estrema, può andar bene, primo se è realmente valida innovativa, secondo se sostenuta dall'artista in itinere, nel tempo, con un seguito proposto continuamente e terzo è che la sperimentazione deve arrivare ad avere un prodotto finale, non si può sperimentare all'infinito.
Talvolta, passeggiando per mostre e fiere d'arte mi capita di rimanere, come dici tu, spiazzato, o per troppa banalità o per troppa stravaganza. Il motivo potrebbe essere: voglia di vendere, il primo, desiderio di apparire comunque, il secondo?
Mi rendo conto che fare selezione è sempre difficile.


(Meno male! credevo di essere troppo ingenua e poco raffinata per capire l'arte di un piatto rotto. Anche se... l'originalità, il coraggio e l'idea spesso non sono da sottovalutare. )

Bene Antonio, mi interessa sapere se sei un'artista indipendente o fai parte di un gruppo con il quale ti confronti ed interagisci. E ancora: cosa ne pensi di tali organismi.

Si, sono un artista indipendente e preferisco rimanere tale, nel senso che seguo un mio percorso figurativo anche se mi sento, per certi versi, vicino ai Fauves, quantomeno per l'uso dei colori e libertà gestuale.
Il confronto e l'incontro tra artisti è sempre positivo. Capita, non sovente, ma capita, che con un gruppo di amici organizziamo mostre tematiche che tendono a mostrare i nostri percorsi rispetto a temi specifici, non ultimo la mostra "8 marzo" organizzata con Franco Fonzo.
La tendenza ad essere artista indipendente c'è e rimane, ciò non toglie però, che sono aperto e flessibile e se domani mi trovassi di fronte a delle proposte interessanti, sarei pronto a confrontarmi. In fondo Picasso, genio assoluto, nel suo trascorso artistico, è passato dall'espressionismo all'astrattismo toccando il surrealismo, quindi...

Niente confini, pochi segni e colori liberi: libertà di espressione, libertà di emozione. In una società come la nostra dove l’organizzazione è necessaria ma ci lega a tempi e modi, l’apertura mentale del fare e parlare d’arte ci rende tutti virtualmente un po’ “fauves”: selvaggi e liberi.

Quali sono i tuoi progetti per domani?

Nell'immediato, una mostra per il mio primo ventennale di artista trevigiano a Palazzo Bomben in novembre 2009 a Treviso.
Poi si vedrà. Ho appena concluso una serie di mostre e ho dei nuovi temi da sviluppare. Quindi tanto lavoro, dipingere e dipingere.
Dovrò nel frattempo cercare di organizzare le mostre future, in Italia e all'estero, ho varie proposte che dovrò valutare.
Come vedi il mio percorso continua, furtunatamente le idee non mi mancano e tantomeno la voglia di dipingere.
Anche se il momento politico ed economico non è dei migliori, pochi spazi e poche risorse destinate alla cultura emergente o che vorrebbe emergere, rimango fatalista ed ottimista. E' chiaro che nulla ti casca in testa per caso, bisogna andarsele a cercare, stando, però, bene attenti alle scelte.

Come sempre succede in occasione di queste interviste, invito alcune persone a visitare il sito web o se è possibile, la mostra dell'artista e a formulare domande e/o dubbi. Ho scelto quella che ti avrei fatto anch'io: “Un acquerello, per le sue trasparenze e il tocco leggero che lo contraddistingue, si pensava che necessariamente dovesse essere lavorato su carta specifica. Il materiale invece da te utilizzato come supporto è, a volte, addirittura la tela con una resa chiaramente diversa. Non è più difficoltoso? Come mai questa scelta.”

La scelta di utilizzare l'acquerello, in maniera così personale, è data dal lavoro costante e dalla ricerca e sperimentazione, fino ad arrivare ad un risultato che tecnicamente ti soddisfa rende palese il tuo pensiero, trova riscontri, sei riconosciuto e non confuso.
E' comunque, una tecnica in continua evoluzione, nel senso che oltre all'acquerello, in questo periodo, sto usando pastelli acquerellabili e matite che cancello sfumo, bagno, spugno, gratto e poi riprendo e riacquerello. Un lavoro lungo che eseguo quasi del tutto tenendo la tela in orizzontale e talvolta con lunghe pause perchè il tutto si asciughi per poi riprendere.
Quanto sia difficoltoso sinceramente non so, so per certo che per ottenere certi risultati occorre impegno, passione, dedizione, umiltà oltre a tante altre cose.


Devo dire che tu sei uno dei pochi privilegiati che svolgono il lavoro ideale. Un connubio tra passione e formazione. Ed in più continui nel privato con grande soddisfazione per te stesso e per chi ha il piacere di vedere i tuoi lavori. Insomma un artista a tutto campo.
Per salutarci, nell'augurarmi di risentirti presto con buone nuove, ti lascio lo spazio finale per concludere con un pensiero, un augurio, una riflessione... tutto dedicato a chi ci sta leggendo.

Si, sono e mi sento un privilegiato, ma non so quanti considerino l'amore per l'arte un privilegio. Talvolta si ha l'impressione che l'arte abbia un ruolo assai marginale nella società, la stessa considerazione che si aveva nei confronti di pittori e scultori nel medioevo, decoratori e spaccapietra. Sarà, ma, l'inflazione, troppe mostre, troppi artisti, l'approssimazione fanno si che la gente abbia sempre più un rapporto distaccato con l'evento artistico.
Il mio augurio è che accada qualcosa che possa ridare vita all'arte, il giusto ruolo, la giusta considerazione. Forse "basterebbe" un nuovo rinascimento culturale, un nuovo uomo, un nuovo artista, una nuova politica.
In attesa, ottimista e fiducioso lavoro e lavoro.
Un abbraccio e grazie, Antonio

Grazie a te, Marilisa







 

 

 



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